American Beauty, il film capolavoro di Sam Mendes è da sempre considerato uno dei maggiori pilastri cinematografici del postmodernismo.
American Beauty, il film del 1999 scritto da Alan Ball e diretto da Sam Mendes, è un Capolavoro universalmente riconosciuto. Vincitore di cinque Premi Oscar e tre Golden Globe viene riconosciuto dagli esperti come uno dei maggiori pilastri cinematografici del postmodernismo. Destinato a raffigurare l’insostenibile irrequietezza che avvilisce l’uomo del ventunesimo secolo.
È una delle tante vite apparentemente ordinarie, quella del protagonista Lester Burnham, interpretato da Kevin Spacey. Già dal principio della storia si riesce a ravvisare nella monotonia quotidiana – narrata, come in tutti i maggiori film postmoderni, da una voce fuori campo – il motivo fondante del disfacimento drammatico dell’individuo contemporaneo.
Tormentato dalla grigia scansione della sua esistenza, Lester è rinchiuso in una gabbia invisibile di fragilità e di insofferenza. Tutto sembra cambiare positivamente quando la sua vita repressa si intreccia con quella di Angela Hayes.
Quest’ultima è un’attraente e disinibita sedicenne nella quale il protagonista convoglia una gamma di sensazioni e pensieri proibiti che lo fanno sentire vivo di nuovo.
Angela diviene il fulcro di una dimensione onirica a sfondo erotico, nella quale egli, in una fase di regressione psicologica, trova rifugio dal suo instabile nucleo familiare, lontano dalle angoscianti insicurezze di sua moglie Carolyn, donna frustrata e nevrotica, e dall’aggressività della figlia adolescente, Jane. Fondamentale è la frequentazione del giovanissimo Ricky, con il quale instaura un rapporto di confidenza che lo condurrà verso un ulteriore stravolgimento delle sue abitudini.
Migliaia di petali rossi invadono l’espressione inebetita di Lester ogni qualvolta il pensiero di Angela lo assale; in presenza di scene simili, American Beauty tende a declinarsi in quella forma di postmodernismo che viene definita iperrealismo. Crollate le certezze dell’individuo, si dissolve di conseguenza anche il verismo della rappresentazione.
La psiche implode, e la vita viene dipinta in una maniera completamente distorta, incentrata unicamente sulla visione fittizia del protagonista, il quale si culla nella deformata illusione di una “realtà irreale”. Il colore rosso, peraltro, ricorre esasperatamente in varie scene del film, denotando con precisione una semiotica della rappresentazione: basti pensare a uno fra i vari simboli di questo colore, la rosa, emblema d’eccellenza reiterato nei momenti salienti della pellicola e assunto come metafora simultanea della bellezza e della tristezza.
In American Beauty confluiscono temi intensi e pungenti che danno un significato molto complesso all'opera. Dal conformismo al materialismo, dall’adulterio all’omosessualità repressa. Il tutto affrontato contemporaneamente per mezzo di una sagace visione caleidoscopica.
Il filo conduttore delle numerose tematiche citate è ravvisabile in maniera pressoché univoca nella ineluttabile crisi d’identità dell’uomo moderno, che si abbatte indistintamente sui vari personaggi, generando un inarrestabile circuito fatale, di fronte al quale il sogno americano rappresenta un orizzonte oramai perduto.
"[…] A volte c’è così tanta bellezza nel mondo, che non riesco ad accettarla… Il mio cuore sta per franare."
Editor della sezione cinema
Non passa giornata in cui non guardo un episodio delle mie serie tv preferite. Da sempre impazzisco con i film thriller e gli horror.
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