«Disegnava rapidamente, ridendo e spiegando anche a sé stesso: le cose che non stavano ritte, i tetti che s’aprivano, la folla che ondeggiava, la vita, la vita, la vita dappertutto…»
Con queste parole, Nino Salvaneschi tentava nel dicembre del 1916 di parafrasare la natura fantasiosa e geniale di Umberto Boccioni, uno degli indubbi protagonisti dello scenario artistico europeo del XX secolo, scomparso nell’agosto di quello stesso anno in seguito a una caduta da cavallo. In occasione del centenario della morte dell’eminente artista, primo a farsi esponente dell’avanguardia futurista, è stata allestita un’esposizione dedita a rivelare il poliedrico operato boccioniano: nata grazie a un progetto di ricerca del Gabinetto dei Disegni della Soprintendenza del Castello Sforzesco in collaborazione con il Museo del Novecento, la Biblioteca Civica di Verona e l’Opificio delle Pietre Dure di Firenze, la mostra Boccioni (1882-1916) Genio e Memoria è visitabile dal 23 marzo al 10 luglio 2016 presso Palazzo Reale, nel cuore di Milano. Per un caso del tutto fortuito e piuttosto curioso, quest’anno, in concomitanza con il centenario, sono stati rinvenuti all’interno della Biblioteca Civica di Verona alcuni documenti d’archivio inerenti al periodo futurista, i quali costituiscono una pregevole fonte di indagine critica della produzione di Boccioni: tra i vari titoli inediti, compaiono un Atlante d’immagini e una Rassegna stampa futurista. La mostra è articolata in un incedere cronologico: seguendo le più disparate tematiche, viene ripercorsa l’attività dell’artista, che tra i novecenteschi campeggia come un ingegnoso innovatore, continuamente proteso verso la ricerca dell’elemento artistico rivoluzionario.
Autoritratto, 1909
Ritratto del Cavalier Tramello, 1907
La formazione di Umberto Boccioni si distingue per il carattere ricco e sfaccettato: a partire da un iniziale periodo romano, dove si avvicina allo studio dell’illustrazione presso il maestro Giovanni Maria Mataloni – uno tra i più famosi disegnatori dello stile Liberty – Boccioni persegue un iter formativo strettamente congiunto ai nomi di Giacomo Balla, Gino Severini e Mario Sironi. Dopo una cospicua serie di viaggi, l’artista si stabilisce nel 1907 a Milano, dove si consacra in un primo momento all’illustrazione editoriale e pubblicitaria, per arrivare nel 1909 a confrontarsi con Carlo Carrà, entrando inoltre in contatto con l’entourage del Caffè Cova: per di più, in questo anno, durante la Esposizione riservata agli artisti lombardi Umberto Boccioni compie un incontro fondamentale, quello con Filippo Tommaso Marinetti. Il risolutivo approdo dell’artista al futurismo avviene nel 1910, con la pubblicazione del Manifesto tecnico della pittura futurista – precedentemente edito come Manifesto dei pittori futuristi, redatto con l’ausilio di Marinetti – nel quale, contro ogni tradizionale stilema, egli afferma: «I pittori ci hanno sempre mostrato cose e persone poste davanti a noi. Noi porremo lo spettatore al centro del quadro».
Manifesto del Futurismo, 1909
L’avanguardia futurista, tutta incentrata sulla sconcertante modernità dell’oggetto-macchina, pone al centro della rappresentazione una vitale e astratta aggregazione tra figure, colori e ambienti, generando nel fruitore dell’opera un effetto di inconsueto coinvolgimento, riscontrabile ad esempio in opere dedite al soggetto femminile e a quello urbano, come Antigrazioso ed Elasticità, dove le forme, scisse e dinamiche, conferiscono alla rappresentazione una veste frammentaria.
Antigrazioso, 1912-1913
Elasticità, 1913
A Umberto Boccioni è attribuibile altresì l’origine del concetto di Dinamismo Plastico, dapprima elaborato in disegno e pittura, e applicato a partire dalla prima esposizione futurista parigina del 1912 anche alla scultura: di quest’ultima, sono ammirabili a Palazzo Reale opere come Forme uniche nella continuità dello spazio e Sviluppo di una bottiglia nello spazio.
Forme uniche nella continuità dello spazio, 1913
Sviluppo di una bottiglia nello spazio, 1913
La produzione boccioniana è avvalorata, nell’iter della mostra milanese, da opere di numerosi altri pittori e scultori con i quali l’artista ha intessuto, lungo la sua vita, un confronto continuo.
Dopo cento anni, così, si riflette sulla misura nella quale questo eclettico caposcuola, tramite l’elaborazione di teorie e tecniche del tutto innovative, abbia indissolubilmente elargito l’arte di un linguaggio nuovo: non a caso, il maggior teorico del cubismo, Guillame Apollinaire, annovera Umberto Boccioni tra i primi artisti della modernità.